Le coste sulcitane vicine a Carbonia offrono molti tratti di mare con grandi e piccoli arenili, dove si può trovare rifugio dalla calura dell'entroterra durante la stagione estiva, ma anche fare lunghe passeggiate immersi nel naturale ambiente selvaggio che caratterizza il periodo più freddo.
A nord del territorio di Carbonia è straordinariamente bella la zona di Porto Paglia: questa risulta essere la naturale prosecuzione verso sud della spiaggia di Funtanamare, andando così a formare un lunghissimo e profondo litorale sabbioso e poco frastagliato, con uno sviluppo lineare maggiore di 4 km. Sull'estremità meridionale, dalla antica tonnara settecentesca posta a 30 mt. di quota, si può osservare un panorama che spazia su tutte le zone limitrofe, individuando la splendida duna di Is Arenas nel retrospiaggia di Plag'e Mesu.
Presso Calasetta, nell'Isola di S.Antioco, tra le altre, la Spiaggia Grande è protetta alle spalle da un fitto bosco di ginepri che vegetano sulle dune per buona parte del suo sviluppo fino quasi all'estremità meridionale. Qui si trova una vecchia tonnara che si erge sopra le rocce trachitiche dal particolare colore rosso, in cui sono riconoscibili delle colate laviche fossili che includono dei blocchi rotondeggianti, le cosiddette "bombe".
Proseguendo lungo la costa, verso sud, il paesaggio cambia repentinamente, presentando dei profili a strapiombo che culminano nello straordinario spettacolo che è possibile osservare dal "Nido dei passeri", col suo pilastro isolato e modellato dalla possente azione erosiva del mare.
A sud dell'abitato di Carbonia, la spiaggia di Porto Pino si estende individuando una lunga linea di sabbia finissima a forma di mezzaluna alle cui spalle si sviluppa un canale-darsena che mette in comunicazione il mare con gli stagni retrostanti. Il paesaggio dominante nella zona è quello del bosco, fitto e rigoglioso, caratterizzato dal Pino d'Aleppo per quanto riguarda le specie ad alto fusto, e da ginepro, lentischio, cisto e rosmarino per il sottobosco. Nella parte meridionale dell'arenile, popolate da splendidi ginepri secolari, si stagliano imponenti delle bianchissime dune alte anche 15 metri, che delimitano le aree umide più interne a regime palustre di cui beneficiano fenicotteri, avocette, folaghe, cavalieri d'Italia, aironi, ed altre splendide specie ornitologiche.
Al largo della costa, poste a sud dei litorali sulcitani, si possono ammirare le Isole della Vacca (con lo scoglio del Vitello) e del Toro distanti rispettivamente 5 e 12 km circa dalla terraferma. Si tratta di due selvaggi isolotti di origine vulcanica che hanno conservato la loro originaria natura a causa della loro distanza e del loro non facile accesso da parte dei diportisti. Proprio per la loro posizione geografica sono di vitale importanza per la fauna avicola, con molte specie di uccelli stanziali (falcone pellegrino, falco della regina) e di passo (storni, tordi, tortore, quaglie, rigogoli, ecc.).
Il territorio comunale è prevalentemente costituito da rilievi poco marcati anche se con morfologia spesso aspre con pareti verticali soprattutto in corrispondenza delle zone carsificabili. Il carsismo è quel fenomeno che porta alla dissoluzione delle rocce carbonatiche, creando delle forme particolari sia in superficie che nel sottosuolo.
I tipici fenomeni caratteristici del carsismo superficiale non sono molto frequenti, sono presenti solo rare doline di dimensioni contenute, anche i fenomeni di microcarsismo tipo karren sono poco sviluppati, si osservano soprattutto fori e scannellature neu versanti settentrionali, probabilmente a causa della prevalenza di calcari e dolomie di elevata compatezza e alla fratturazione sub-verticale che caratterizza la tettonica del Sulcis-Iglesiente; a ciò va sommato il clima caldo che provoca la rapida evaporazione dell'acqua piovana ostacolandone l'interazione chimico-fisica con il terreno. Più comuni e diffuse le morfologie legate alla presenza di vegetali che danno origine alle vaschette di corrosione (kamenitze).
Attualmente sono censite dal punto di vista speleologico ben 198 cavità naturali, anche se il numero è sensibile di aumento, perlopiù distribuite nelle formazioni carsificabili, calcari ed in subordine dolomie. Non mancano esempi di paracarso con una decina di cavità anche di sviluppo apprezzabile formatesi nelle "quarziti", ed esempi di pseudocarso con cavità di origine tettonica e/o di erosione nelle rocce vulcaniche dell'area del Monte Crobu.
In generale si può affermare, come livello di carsificazione del territorio, sia ben superiore a quanto conosciuto, come del resto lascia intravedere il numero delle crovasse senza comunicazione naturale con la superficie intercettato dalle coltivazioni minerarie.
Analizzando l'insieme delle cavità naturali ubicate nel comune di Carbonia appare evidente una netta predominanza di quelle ad andamento sub-orizzontale con prevalenti morfologie tettoniche poi alterate dalla circolazione idrica sotterranea con ampi ambienti generatisi per crolli lungo le intersezioni dei maggiori sistemi di faglie e fratture e frequenti salti verticali. Morfologie del resto comuni alla maggior parte delle grotte conosciute nel bacino del Sulcis-Iglesiente. Sono comunque presenti morfologie da scorrimento idrico di tipo vadoso e freatico con le derivanti forme da corrosione ed erosione idrica.
Tra le grotte ricordiamo Sa Domu' e S'Orcu (la casa dell'orco) nel versante sud del monte Tasua che è in assoluto il sistema carsico più esteso fino ad oggi esplorato nel territorio comunale, con uno sviluppo spaziale di poco superiore al chilometro ed una profondità di -104 metri. Si presenta come una grande cavità sub-verticale impostata su una grossa frattura, ampliata da fenomeni graviclastici, che si ferma in corrispondenza di un livello di falda dando vita ad un fangosissimo laghetto pressoché perenne, che si sviluppa su una superficie di una quarantina di metri quadri.
Nella valle carsica del Rio Cannas, dove è oggi la più alta concentrazione di fenomeni carsici ipogei conosciuti, ricordiamo la Grotta dei Fiori , con 680 metri di sviluppo, utilizzata durante la seconda guerra mondiale come rifugio durante i bombardamenti degli alleati: conserva un'importanza scentifica rilevante per i numerosi reperti umani (pre-nuragico e nuragico) rinvenuti, per le brecce ossifere a Prolagus Sardus che hanno consentito una parziale ricostruzione dell'organismo, (conservata presso il Museo Civico di Paleontologia e Speleologia "Martel"), e il rinvenimento di esemplari di fauna ipogea tra i quali una specie unica di formica cieca. Inoltre la cavità viene utilizzata come grotta nursey da una numerosa colonia di Chirotteri.
La Grotta dei Geotritoni, con 580 metri di sviluppo è una complessa cavità meandriforme con estesi ambienti freatici, funge da sistema di troppo pieno per l'alveo sotterraneo del Rio Cannas che vi scorre parallelo. All'interno è stata individuata una colonia di una nuova sottospecie di Hydromantes (geotritone) propria dell'areale sulcitano. Sono inoltre da menzionare: le Grotte della Campana n° 1 (230 m di sviluppo) e n° 2 (358 m), la la Grotta di Bacu Arru o delle Anfore, che hanno restituito reperti archeologici di epoche pre-nuragica e nuragica in parte conservati nel Museo Archeologico cittadino; Sa Grutta Strinta (270 metri) e la Grotta prima di Beghe Forru (378 metri), complesse cavità con belle concrezioni parietali ed eccentriche e reperti paleontologici.
In prossimità dell'abitato di Barbusi si trova l'importante Grutta 'e Corona sa Craba, con uno sviluppo di 250 metri nelle cosiddette "quarziti": presenta al suo interno notevoli depositi di guano e delle rare nonchè splendide cristallizzazioni di Barite tabulare di colore azzurro ricoperte in condizioni vadose da concrezioni aragonitiche.
Queste associazioni cristalline sono frequenti anche nei calcari in prossimità di Barega nella Grotta Eraldo, nella Crovassa di Barega, e nella Grutta de is Ominis, dove in un vasto salone lungo 130 metri oltre una quarantina di stalagmiti sono contornate da un bellissimo paleo-livello idrico concrezionato.
Nella valle del Canale Peddori è ubicato l'importante sito archeologico del riparo sotto roccia di Su Carroppu (Sirri) che ha restituito resti umani e reperti riconducibili al VI millennio a.c. (Neolitico Antico).
Dal punto di vista geologico il territorio di Carbonia è caratterizzato da diverse litologie che conferiscono al paesaggio caratteristiche peculiari uniche in Sardegna.
L'orografia è caratterizzata da rilievi montuosi di modesta elevazione con un massimo di 492 mt. s.l.m. del monte di S.Michele Arenas.
Nel territorio comunale sono presenti rocce con caratteristiche petrografiche e strutturali molto varie, con età che nel complesso ricoprono un arco di tempo maggiore di 500 milioni di anni. Queste testimoniano gli eventi geologici che si sono susseguiti in Sardegna e che sono così ben rappresentati nel Sulcis, attraverso la ricchezza di resti fossili perfettamente conservatisi fino ai giorni nostri.
Le aree poste ad Est e a Nord della città sono occupate da rocce paleozoiche formanti un semicerchio che delimita il bacino di Carbonia: le litologie sono rappresentate da calcari e arenarie del Cambriano (570 Milioni di anni) spesso molto fossiliferi. I fossili più comuni, rappresentati da Archeociatine (organismi con caratteristiche di passaggio tra i coralli e le spugne) e Trilobiti (crostacei): sono fra i più antichi d'Europa così da essere continuo oggetto di ricerca da parte di numerosi paleontologi e studiosi provenienti da tutto il mondo.
Q uesta parte di territorio presenta un aspetto paesaggistico del tutto particolare, tipico del Carso, con assenza di acque superficiali e abbondante presenza di cavità carsiche di notevole interesse dal punto di vista morfologico e mineralogico. Di particolare rilevanza è la grotta di "Corona sa Craba" una delle pochissime cavità in cui si possono rinvenire particolari concrezioni di barite azzurra. Il paesaggio legato alle rocce carbonatiche si presenta con dei rilievi quasi sempre ricoperti da macchia mediterranea, caratterizzati da superfici molto irregolari, rilievi aspri e tormentati che entrano in contrasto con le restanti aree interne al territorio comunale.
I settori occidentali e meridionali sono caratterizzati dalla presenza di una copertura vulcanica prevalentemente di natura ignimbritica risalente all'Era Terziaria (Oligo-Miocene 26 Milioni di anni), originatasi durante la fase di rotazione antioraria della Sardegna e della Corsica (dopo il distacco dalle coste franco-spagnole), che ha portato all'attuale dislocazione delle due principali isole del mediterraneo. Queste rocce fanno parte delle formazioni cenozoiche tipiche del Sulcis, con basalti ed andesiti alla base a cui fanno seguito superiormente le rocce ignimbritiche (con età che vanno dai 28 agli 11 milioni di anni) per uno spessore di 500 mt.
Anche questa parte del territorio è caratterizzata dalla presenza di numerose piccole cavità , definibili grotte, che devono la loro singolarità al fatto di essere, contrariamente a quelle di origine carsica, contemporanee alla formazione delle rocce nelle quali esse stesse si aprono. Su queste rocce gli agenti atmosferici hanno creato, durante alcuni milioni di anni, delle forme molto originali dette Tafonature.
Al di sotto di questa copertura vulcanica, con alcuni tratti affioranti nei pressi di Bacu Abis, si trova il più importante bacino carbonifero italiano. I giacimenti di carbone risalenti all'Eocene (54 Milioni di anni) furono notati per la prima volta da Alberto La Marmora nel 1857.
Nel bacino lignitifero, formato da strati di calcari, argille e spessi livelli di carbone, si trovano spesso resti di palme fossili e di foraminiferi (Alveoloine e Miliolidi).
Per quanto riguarda l'era Quaternaria si ritrovano sia depositi di origine marina, caratterizzata da una fauna fossile a molluschi (gasteropodi) tipici di mare caldo, sia di origine continentale. A questo periodo sono riferibili tutti i depositi alluvionali situati ad ovest della città, formatisi dal disfacimento e disgregazione delle precedenti formazioni geologiche affioranti nel territorio. Caratteristiche sono le dune fossili risalenti al periodo interglaciale Riss - Wurm di Fontana Morimenta, al confine tra il comune di Carbonia e il comune di Gonnesa, dove sono stati ritrovati importanti resti fossiliferi di Elefante nano ( Elephas melitensis, alto appena 1.40 mt.). Sempre all'interno delle dune fossili si ritrovano anche resti di cervidi (Megaceros Cretensis) e vari tipi di rettili.
Il clima del comune è tipicamente mediterraneo con temperature medie di 15-17 C. Il mese più freddo è quello di Gennaio con valori medi di temperature intorno ai 10 C, mentre in Agosto si hanno le temperature maggiori con medie intorno ai 25-30 C.
La stagione piovosa inizia gradualmente nei mesi di settembre e ottobre; gli apporti idrici aumentano progressivamente con massimi nei mesi di febbraio e marzo. Successivamente si ha un progressivo diminuire degli afflussi meteorici sino ad arrivare ai mesi estivi caratterizzati da siccità.
Il Sulcis si estende, nella Sardegna sud-occidentale, dalla valle del fiume Cixerri fino alla costa, caratterizzata dall'ampio Golfo di Palmas. La regione comprende anche le isole di San Pietro e Sant'Antioco, le più vaste tra quelle che orlano la costa sarda.
Ignazio Delogu, Carbonia, Utopia e Progetto, Valerio Levi Editore, Roma, 1988
Salvatore Cherchi, Antonello Sanna, La città del Carbone: patrimonio storico del moderno razionalismo e progetto di sviluppo sostenibile, Intervento alla Conferenza internazionale “The contribution of heritage cities to sustainable urban development, 29 novembre – 2 dicembre 2006, Luxor Egitto, organizzata dall’ INTA – International Urban Development Association.
Ignazio Delogu, Carbonia “una città nuova”, in A.a.V.v, Le miniere e i minatori della Sardegna, a cura di Francesco Manconi, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 1986.
Salvatore Cherchi, Introduzione al libro “Serbariu: storia di una Miniera” di Luciano Ottelli, CICC.
La crisi del territorio, degli anni '70, è stata parzialmente arrestata dalla realizzazione di un nuovo polo industriale per la produzione dell’alluminio, a Portovesme, che ha segnato l’inizio della riconversione della città di Carbonia, con l’aumento di attività economiche legate al terziario e la parallela apertura verso il territorio, come produttrice di servizi. L’orientamento di Carbonia verso questa specializzazione appare quanto mai necessaria, soprattutto oggi, in una situazione in cui si sente più forte la crisi del Polo Industriale di Portovesme, con la fermata degli impianti dell’Eurallumina e le pesanti preoccupazioni per l’intero comparto metallurgico.
“Carbonia fa il suo ingresso nel terzo millennio con un grande patrimonio democratico di battaglie sociali per il lavoro e con una forte determinazione a resistere alla crisi. Tuttavia, la consapevolezza stessa dei valori della città di fondazione e del suo patrimonio architettonico e urbano appariva ancora nel 2000 fortemente oscurata. Il rifiuto ideologico di un passato totalitario si univa alla difficile convivenza con l’eredità della “città del potere”, che escludeva il protagonismo dei cittadini e rischiava di confinarli negli alloggi minimi, un tempo simbolo di emancipazione e progresso, oggi talvolta soltanto di scarsità e disagio. Nella città il degrado si manifestava con un certo diffuso decadere dei monumenti civili e con forme di occupazione privata degli spazi della città, con la modificazione capillare e corrosiva dei suoi caratteri architettonici. Ma nei luoghi del lavoro il processo assumeva un aspetto di paradossale disfacimento, mettendo a rischio la sussistenza delle vestigia stesse delle archeologie industriali.
E’ a questo punto che prende corpo un nuovo progetto di identità urbana, che non è solo recupero della memoria e tutela del patrimonio: si tratta di una scommessa su un modello di sviluppo centrato sulla consapevolezza della comunità, sul riuso e la risignificazione del patrimonio stesso come sistema di valori culturali, economici e d’uso. Il programma ha il suo cuore nella “grande miniera di Serbariu”: un grandioso processo di restauro dei fabbricati e degli spazi ma soprattutto di costruzione di un polo della cultura e della ricerca. Al centro di questo processo si colloca idealmente il Centro Italiano della Cultura del Carbone, un Museo-Laboratorio che ha il suo fulcro nell’edificio forse più straordinario della miniera, la Lampisteria, ovvero il luogo dove migliaia di minatori convergevano per ritirare e depositare le lampade, strumento essenziale per la gestione del lavoro e della sopravvivenza nelle gallerie. Utilizzando i padiglioni e gli spazi dismessi della
miniera (le sale argani, le torri …) ma anche sapienti simulazioni delle vecchie gallerie crollate, il CICC sta elaborando un programma che restituisce la percezione e ripercorre i significati tecnologici e antropologici dell’universo del carbone. Nello stesso tempo, la grande miniera è destinata a vivere anche come entità attiva e contemporanea, non solo legata alla memoria: grandi padiglioni quali le Tornerie e le Forge ospiteranno, a breve, centri di ricerca sull’energia, sedi di attività di alta formazione universitaria, centri di elaborazione e promozione culturale e il Museo Paleo Ambienti Sulcitani E.A. Martel, il cui allestimento è in via di completamento.
Il progetto-Carbonia, tuttavia è quasi costretto ad essere ancora più ambizioso, a non rinchiudersi nelle sue archeologie industriali, che si potrebbero rivelare come un ghetto insufficiente a contenere quel nuovo modello di sviluppo urbano che si sta cercando di realizzare. Il programma di riqualificazione ha quindi investito l’intera città e i suoi satelliti, e si rivolge anche al sistema territoriale che ha Carbonia come centro, ma non si esaurisce
nel nucleo di fondazione.
[…] In effetti, si tratta di un progetto complessivo che tende ad “accompagnare” la città nel suo progressivo affrancamento da una posizione di dipendenza dalla miniera e di affermazione della nuova identità di una comunità consapevole della sua storia ma proiettata fortemente sul futuro. Questo processo è emblematicamente rappresentato dal rapporto con il complesso di Serbariu: se prima Carbonia “apparteneva” alla grande miniera, oggi è la miniera che appartiene alla città. E quest’ultima, mentre se ne riappropria, riannoda i fili culturali del suo nuovo progetto.” (nota 1)
1. Salvatore Cherchi, Antonello Sanna, La città del Carbone: patrimonio storico del moderno razionalismo e progetto di sviluppo sostenibile, Intervento alla Conferenza internazionale “The contribution of heritage cities to sustainable urban development, 29 novembre – 2 dicembre 2006, Luxor Egitto, organizzata dall’ INTA – International Urban Development Association.
Nel XVI secolo si crearono le premesse dell'habitat disperso che ancora oggi caratterizza il territorio sulcitano. Intorno al 1800 questo tipo di habitat da temporaneo diventa stabile; infatti, una volta garantita la tranquillità dei luoghi, i pastori incominciarono a stabilirvisi con le loro famiglie, a coltivare la terra ed a rimpiazzare le capanne con case in muratura.
La storia del Sulcis spagnolo e piemontese non è contrassegnata da particolari vicende mentre nuova vivacità soprattutto economica si ebbe con l'identificazione di un bacino carbonifero nel 1851.
Le nuove prospettive di lavoro in miniera determinarono un graduale ma profondo mutamento nella popolazione e nel territorio. Lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo, in particolare nella zona di Bacu Abis, si incrementò durante la prima guerra mondiale.
Con la fine della guerra e la ripresa del commercio internazionale finì la breve fortuna del carbone sardo. La Società Anonima di Bacu Abis viene dichiarata fallita nel 1933, le miniere sono gestite transitoriamente, sino al 1935, “dall’Unione Fascista Lavoratori dell’Industria” per poi passare nelle mani della “Società Mineraria Carbonifera Sarda” che riprende lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo.
Nel 1935 il governo costituisce l'A.Ca.I. (Azienda Carboni Italiani) per sviluppare le ricerche di carboni fossili, che alla fine del 1936, grazie al metodo dei sondaggi, individua il bacino carbonifero di Sirai-Serbariu. La previsione di una intensa attività nei nuovi pozzi e del conseguente afflusso di manodopera suggerirono il progetto di una nuova città operaia vicina alle miniere ed al porto di S. Antioco che doveva assicurare il trasporto dei materiali estratti in loco.
La nuova città, chiamata Carbonia, fondata con regio decreto n. 2189 del 5 novembre 1937, viene inaugurata il 18 dicembre 1938, con cerimonia ufficiale e grande propaganda sulla stampa nazionale. Il pretesto per la creazione della città nuova è la svolta autarchica del governo fascista che impone Carbonia come simbolo del carbone nazionale, una sorta di Rurh italiana al centro del Bacino Carbonifero del Sulcis.
Ancora nel 1936, il territorio, in cui si estende Carbonia è incolto e praticamente privo di insediamenti rilevanti: la popolazione dell’intero Sulcis Settentrionale supera appena i tremila abitanti, dispersi in piccoli agglomerati. La popolazione è certamente poca, ma il territorio non è deserto, come descritto dalla retorica di regime, la regione del Sulcis, infatti, appare punteggiata da insediamenti minori, posti in punti nevralgici.
I motivi che inducono alla creazione della nuova città sono, dunque, unicamente contingenti. La “new town” di Carbonia nasce, quindi, come “company town” dell’Azienda Carboni Italiani, vera città a bocca di miniera, del tutto funzionale all’estrazione del carbone nazionale. Vengono chiamati a progettarla ed a sovrintendere alla sua realizzazione alcuni dei migliori progettisti italiani: il triestino Gustavo Pulitzer ed i romani Cesare Valle e Ignazio Guidi.
Dal punto di vista architettonico Carbonia, dunque, è caratterizzata dai tipici elementi della città fascista: al centro si trova la Piazza Roma intorno alla quale sorgono i principali edifici. E’questa la vera e propria “piazza dei poteri”, progettata per consentire la coesistenza e la percezione simultanea del grande edificio religioso che la domina (la Chiesa, in stile romanico-moderno, costruita, nella parte inferiore, con granito di Teulada e per il resto in trachite, con adiacente la Canonica e il Campanile alto m. 46, riproduzione in piccolo di quello di Aquileia), del Municipio e del sistema politico-culturale rappresentato dall’emblema del Partito (la Torre littoria, alta 27.5 m ed oggi Torre Civica), e dal complesso Cinema-Teatro e Dopolavoro.
Carbonia, “città operaia di Stato”, come la definisce Ignazio Delogu, si sviluppa per garantire la presenza imponente di manodopera a bocca di miniera, con conseguente diminuzione dei costi di produzione e uno stretto controllo sulle masse operaie.
Inizialmente gli spazi abitativi e la struttura della città rispecchiano le rigide gerarchie sociali imposte dalla miniera e dal regime fascista: il centro è riservato alle case dei dirigenti: Villa Sulcis (oggi Museo Archeologico) era la residenza ufficiale del Direttore delle miniere di carbone della città. Le vie di comunicazione sono pensate per collegare gli alloggi con le miniere e gli alloggi con il centro. Gli spazi abitativi e urbani sono così studiati per garantire ai privilegiati, per posizione sociale ed aziendale, un’adeguata distanza fisica dalla massa degli operai: al centro le case quadrifamigliari dei capi e dei sorveglianti, verso la periferia i palazzoni a quattro e sei piani degli operai con famiglia e nella parte nord della città gli alberghi operai destinati ai minatori celibi o precari.
Le condizioni di vita degli operai, al di là della retorica di regime, sono molto dure, soprattutto durante la guerra, quando le miniere vengono sottoposte ad una rigida disciplina militare che considera ogni azione di protesta alla stregua di un sabotaggio e a ritmi di lavoro estenuanti, causa di frequenti incidenti, spesso mortali.
Dopo un primo periodo di intensa attività estrattiva, con l'avanzare della seconda guerra mondiale, il ritmo produttivo registra un notevole rallentamento. Alla caduta del fascismo, il Carbone Sulcis rappresenta però l'unico combustibile disponibile in Italia per il rilancio dell'apparato industriale nazionale. Per questo motivo, oltre che per la persistente chiusura delle importazioni estere e per il «prezzo politico» fissato per il carbone Sulcis, la produzione sarda gioca nei primi anni della ricostruzione un ruolo fondamentale. Si registra così una seconda fase dello sviluppo di Carbonia sia dal punto di vista demografico che economico. Ben presto la riapertura dei mercati internazionali e la concorrenza del carbone straniero, avvia l'industria mineraria ad una crisi lenta ma inesorabile, che dà luogo a una vasta mobilitazione operaia e cittadina.
“Città e miniera, [quella di Serbariu, che cessa la produzione nel 1964], scandiscono insieme i tempi del lavoro e della produzione, del passaggio dal fascismo alla democrazia, del conflitto sociale e della lotta per la sopravvivenza della nuova comunità. La storia della città conserva, infatti, il ricordo di un altro 18 dicembre, quello del 1948, data che segna la conclusione di uno degli scioperi più lunghi della storia d’Italia: durato 72 giorni e indetto per la difesa dei diritti dei lavoratori e per la sopravvivenza della stessa città, in un momento in cui appariva ormai evidente il declino dell’attività estrattiva. Da quell’esperienza Carbonia riemergerà con identità e personalità più solide e definite.
La miniera sarà infine chiusa, ma la comunità e la città andranno oltre l'originaria matrice produttiva, conservando, però, un nucleo forte di legami e di valori comuni, accumulati durante gli anni dell'epopea mineraria, insopprimibile dato identitario”.
“Il dopoguerra segna in modo irreversibile la crisi del distretto del carbone di Sardegna. Finito il protezionismo autarchico, il minerale non regge la concorrenza estera e la “grande miniera” già alla metà degli anni ’50 appare un peso economico insostenibile. La città perde rapidamente 20.000 abitanti, e si stabilizza con molti sussulti sulla dimensione demografica dei 30.000 che ancora oggi la caratterizza.”
La crisi del bacino carbonifero sardo è legata a numerosi fattori: dai mutamenti profondi nei meccanismi produttivi alla dilatazione del mercato, dalla «rivoluzione energetica» provocata dal petrolio alle nuove tendenze di sviluppo della politica mineraria nazionale.
La crisi va sempre più accentuandosi fino a raggiungere la punta massima di recessione nei primi anni ‘70 quando le ultime miniere attive di Nuraxi Figus e Seruci chiudono i battenti.
Il territorio sulcitano, conosciuto fin dall' antichità per la sua fertilità e per le ricchezze minerarie, attirò l'attenzione di numerose popolazioni mediterranee che nel corso dei secoli lo colonizzarono: i Fenici, i Cartaginesi ed i Romani, e in tempi più recenti gli Aragonesi. Nell'alto Medioevo e nei secoli XV e XVI, il Sulcis conobbe un periodo di forte calo demografico con una progressiva concentrazione della popolazione in pochi paesi dell'interno ed un massiccio esodo dalle coste dovuto sia a cause storiche (invasioni esterne, incursioni barbaresche, ecc.) che a cause naturali (abbandono delle colture cerealicole, malaria, ecc.).
La rioccupazione degli spazi e quindi l'inversione demografica cominciò alla fine del XVI secolo quando pastori provenienti dal centro della Sardegna condussero le loro greggi a svernare sulle tiepide colline del Sulcis, costruendo delle capanne stagionali, per risolvere le temporanee necessità legate alla transumanza.
AGGIORNAMENTO ALBO ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO triennio 2014-2016
Aggiornamento Albo delle Associazioni di volontariato, enti pubblici e privati che svolgono attività socio-assistenziali - proroga
Proroga termini al 28/02/2011 - aggiornamento e conferma iscrizioni Albo delle associazioni di volontariato, enti pubblici e privati che svolgono attività socio-assistenziali. Rep. 270/11, in pubblicazione dal 11/02/2011 al 28/02/2011
L'Amministrazione comunale informa che è stata prorogata la scadenza per l'aggiornamento dell’Albo delle associazioni di volontariato, enti pubblici e privati che svolgono attività socio-assistenziali. La nuova scadenza è prevista per il 28/02/2011. Sono disponibili i moduli per le nuove iscrizioni e per la conferma (triennio 2011/2013) per le associazioni gia’ iscritte dall’anno 2007. Le associazioni che non presenteranno richiesta di conferma per il triennio 2011/2013 verranno cancellate dall’Albo.
Allegati: